Fibromialgia e lavoro: gli impatti della patologia nella vita lavorativa

Tra qualche giorno, precisamente domenica 12 maggio, verrà festeggiata la Giornata Mondiale della Fibromialgia. Un evento che permette di far conoscere in tutto il mondo, una sindrome spesso considerata “fantasma”, a causa dell’assenza di alterazioni visibili che ne rendono difficile la diagnosi.

Eppure, in Italia, la fibromialgia colpisce circa 2 milioni di persone, secondo a quanto dichiara la Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, diretta da Roberto Giacomelli, Direttore della Unità Operativa Complessa di Immunoreumatologia.

Si tratta, più nello specifico, di una patologia cronica che si manifesta in dolori muscolo-scheletrici diffusi, disturbi del sonno, affaticamento, alterazioni neuro-cognitive e numerosi altri sintomi.

Trattandosi di una condizione cronica, i sintomi della fibromialgia possono persistere anche per tutta la vita, seppur non sempre presenti nella stessa intensità. Questo ha inevitabilmente un forte impatto anche sullo svolgimento delle attività quotidiane e lavorative delle persone che convivono con questa sindrome, spesso sottovalutata se non addirittura ignorata.

Della convivenza con la fibromialgia ne parliamo con Christian Ferrara, trentenne fondatore di “Soyn” che si occupa di organizzare eventi, informare e formare sulla fibromialgia tramite podcast, video YouTube e altri contenuti social.

Tra i tanti progetti curati, spicca un gruppo di Auto Aiuto online, per persone con disabilità, il cui scopo è non farle sentire sole o abbandonate. Tutto questo perché, anche se la vita di Christian è cambiata completamente in seguito alla diagnosi di fibromialgia, il messaggio che vuole portare è “Nessuno è solo, non siamo la nostra sindrome”.

1. Buongiorno Christian, come definiresti la Fibromialgia?

La definirei per quello che è: una disabilità che limita la possibilità di vivere a proprio agio nel proprio corpo.

2. Perché la Fibromialgia è una sindrome e non una patologia?

Il termine “fibromialgia” significa dolore nei tessuti, quindi muscoli, legamenti e tendini. Questa condizione viene definita “sindrome”, poiché esistono segni e sintomi clinici che sono presenti contemporaneamente.

3. Come hai scoperto di averla?

Mi sono rivolto ai medici a causa dei dolori che provavo. All’inizio pensavano si trattasse del tunnel carpale, perché avevo un braccio “bloccato”. In seguito a un rapido peggioramento e a successivi esami hanno trovato un’ernia cervicale che tuttavia, non spiegava i sintomi che manifestavo.

Ho iniziato una terapia antinfiammatoria e antidolorifica molto pesante, unita a fisioterapia ma nulla di tutto questo sembrava funzionare. Dopo mesi di esami, TAC, visite da neurologi e reumatologi che hanno escluso la presenza di altre patologie, siamo arrivati alla diagnosi di fibromialgia.

4. Come hai affrontato questa cosa? Sei riuscito ad accettarla?

Inizialmente è stato come vivere in un corpo che non mi apparteneva. Lavoravo come giardiniere e perdere la forza fisica di cui andavo fiero, la consapevolezza di non riuscire a svolgere il lavoro che amavo, provare dolore durante una corsa o nel prendere in braccio la mia compagna, sono state cose che mi hanno fatto sprofondare in un pozzo dal quale non vedevo via d’uscita.

Ci sono voluti mesi e mesi di psicoterapia per cominciare a stare meglio. Questo non significa che l’ho accettata. Vuol dire che ci sto lavorando. Cerco di trovare persone che hanno una disabilità come o simile alla mia e cerco nel mio piccolo di non farle sentire sole. Perché spesso, anche le persone che ci stanno vicino faticano a capire cosa significa dover rivedere le proprie aspettative e a volte dover rinunciare al futuro che progettavi per colpa di qualcosa che non dipende da te. La fibromialgia viene definita “invisibile”, perché nessuno la nota finché non sei tu a dirlo.

5. Ci puoi spiegare com’è cambiata la tua vita dopo la fibromialgia?

Come dicevo prima è cambiato tutto. Ho cambiato lavoro, le mie abitudini, soprattutto quelle alimentari, essendoci alimenti che devo limitare. Faccio attività fisica leggera, tanto yoga e pilates. Ci sono alti e bassi. Nonostante le terapie e le sperimentazioni di nuovi farmaci a cui partecipo, posso sentire sempre il mio corpo contrarsi e tendersi come una corda anche mentre guardo un film. Ci sono giornate dove le gambe non reggono il peso del mio corpo e ho bisogno di aiuto per fare la doccia, o dove il mal di testa è così forte che anche pensare è doloroso. Non sai mai con che dolori ti svegli.

Però ci sono anche giornate buone, dove riesco ad andare in palestra, correre e fare esercizio. Ogni mattina è diversa da quella prima. Però le giornate in cui sto bene sono meravigliose, ed è bello godersi le passeggiate o andare in palestra. Riscopri la felicità nelle piccole cose.

6. Ad oggi, qual è la terapia consigliata per questa sindrome?

Partendo dalla consapevolezza che non la si può contrastare, ma solo alleviare, non esiste una “terapia” uguale per tutti. La “fregatura” di questa sindrome è che ognuno la vive in maniera diversa. Ci sono linee guida generiche, però poi bisogna basarsi su come ci sentiamo con il nostro corpo.

Sicuramente è consigliato seguire un regime alimentare variegato, ridurre l’utilizzo di solanacee (patate, melanzane, pomodori) e mangiare leggero. Svolgere attività fisica leggera come pilates, yoga etc… . Per alleviare il dolore, il supporto dei farmaci è fondamentale, almeno per quanto mi riguarda.

7. Hai avuto problemi dal punto di vista lavorativo?

In attesa della diagnosi ho perso il mio lavoro a causa delle assenze per malattia e quando ho ripreso a cercare un’occupazione è stato estremamente deprimente. Non ho mai ricevuto così tanti “no” consecutivi nella mia vita lavorativa. E la cosa peggiore era che diventavano no, solo nel momento in cui dicevo di avere la fibromialgia.

Alla fine, ho smesso di dirlo e ho ottenuto un posto di lavoro. Quando ho deciso di fidarmi dei miei datori di lavoro e dirglielo, fortunatamente non hanno battuto ciglio, valutando il mio lavoro e non le possibili complicanze.

8. La fibromialgia è una sindrome riconosciuta dall’INPS? Esistono riconoscimenti?

Domanda scomoda, nel senso che è riconosciuta ma non come malattia invalidante, credo di essere il primo caso in Italia che ha ottenuto il 46% di invalidità solo per la fibromialgia. Il 46% non prevede compensi economici ma ti permette di entrare nelle categorie protette ed avere qualche agevolazione in più in ambito lavorativo. Solitamente però non funziona così. La fibromialgia non è riconosciuta come invalidante.

9. Quali diritti legali ha chi soffre della Sindrome Fibromialgica?

Nessuno. Non essendo considerata malattia invalidante se hai solo la fibromialgia esclusi i casi estremamente gravi, non hai nessun diritto o aiuto. Anzi, in caso venga prescritta una terapia a base di cannabinoidi (una soluzione in gocce da prendere prima di andare a letto, per rilassare la muscolatura e migliorare la qualità del sonno) è prevista la sospensione della patente e la non idoneità a svolgere alcune mansioni lavorative.

Anche l’assunzione di benzodiazepine non è esente da complicazioni, specialmente per quanto riguarda il lavoro.

10. Chi ha la Sindrome Fibromialgica, quali difficoltà può avere sul posto di lavoro? In base alla tua esperienza come gestisci fatica e dolore?

Sicuramente la difficoltà più grande è la movimentazione di carichi pesanti. Serve un lavoro tranquillo, non per forza da ufficio, ma che non richieda sforzi fisici. È importante avere la possibilità di sgranchirsi ogni tanto. Come gestisco fatica e dolore? Cerco di evitare le situazioni di conflitto, mi impegno a chiedere aiuto quando ne ho bisogno o quando penso di non farcela da solo. Sono consapevole che ci saranno giornate nelle quali farò più fatica a concentrarmi e sarò meno “produttivo” e cerco di accettarle. Fa parte del “gioco”. Poi c’è il mio amico Brufen!

11. Pensi che sensibilizzare i colleghi su come ti senti possa aiutarti sul posto di lavoro?

Assolutamente sì, la conoscenza è già una grande arma di per sé. Sapere di non essere visti come “la quota 104” ma considerati come una persona, con i suoi limiti e i suoi punti di forza. La fibromialgia e il dolore amplificano le emozioni che proviamo e a volte essere trattati come se fossimo “stupidi” fa più male che essere lasciati soli a portare un carico pesante. Sta a me, quanto ai miei colleghi, trovare un equilibrio in questo rapporto. Equilibrio che si può costruire solo parlando ed informando.

12. Più in generale, quali politiche aziendali si potrebbero attuare a sostegno dei lavoratori con Sindrome Fibromialgica?

Creare luoghi di lavoro dove si facciano meno sforzi fisici possibili, posizionare il materiale che usiamo o che dobbiamo spostare all’altezza del busto, tenere in considerazione che alcuni movimenti apparentemente semplici, come alzare le braccia sopra la testa può essere veramente doloroso. Ma soprattutto non far pesare la nostra disabilità, essere comprensivi se ci sono giornate dove siamo meno produttivi. Non sempre abbiamo voglia di parlare di quanto è stato difficile alzarsi dal letto o di quanto tempo abbiamo trascorso seduti a massaggiare le gambe perché non “partivano”. Credo che la comprensione (e non la compassione) sia la politica aziendale più importante.

13. Ci sono gruppi di supporto o consigli che si sente di dare per chi ha la fibromialgia?

Sì, esistono diverse Associazioni. Il gruppo a cui sono tesserato io si chiama C.F.U. (Comitato Fibromialgici Uniti). Ho trovato persone meravigliose che mi hanno dato un incredibile supporto emotivo, aiuto nel trovare medici e dato consigli. Io stesso sto creando un gruppo di Auto Aiuto avendo vissuto sulla mia pelle la difficoltà di sentirsi soli.

La fibromialgia sarà con noi per tutta la vita, quello che possiamo fare ogni giorno è non isolarci, ma costruire una rete di conoscenza e consapevolezza, chiedere aiuto quando ne sentiamo il bisogno e dare aiuto quando possiamo farlo.